Pensioni di vecchiaia per medici e dipendenti: 2,3 miliardi per il ponte sullo Stretto

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LA COMMISSIONE BILANCIO DEL SENATO APPROVA EMENDAMENTI ALL’ARTICOLO 33 DELLA MANOVRA: UN RESPIRO PER LE PENSIONI

Via libera della commissione Bilancio del Senato a un emendamento del governo all’articolo 33 della manovra: salve dai tagli – inizialmente previsti – le pensioni di vecchiaia di medici, dipendenti di enti locali, maestri e ufficiali giudiziari. La discussione in aula in Senato sulla legge di bilancio inizierà mercoledì 20 dicembre, alle 17. La votazione è prevista nella mattinata di venerdì 22. È quanto emerge al termine della riunione dei capigruppo appena conclusasi a palazzo Madama.

Gli emendamenti approvati: c’è anche il ponte sullo Stretto

La Commissione Bilancio del Senato, dopo quasi 5 ore di votazioni, ha approvato i quattro emendamenti depositati dall’esecutivo, i testi presentati riguardano: pensioni di medici, maestri, dipendenti degli enti locali, e della giustizia amministrativa; la rimodulazione delle risorse a disposizione per il progetto del Ponte sullo Stretto; risorse aggiuntive per gli stipendi delle forze armate e delle forze dell’ordine; fondi per gli enti locali anche in ragione delle variazioni intervenute sulle aliquote Irpef.

Sanitari al lavoro fino a 70 anni, su base volontaria

Restano penalizzate quelle anticipate ma c’è un taglio più soft per i sanitari con una riduzione di un trentaseiesimo del taglio per ogni mese in più di permanenza al lavoro. I dirigenti medici e gli infermieri potranno, se vorranno, rimanere al lavoro fino ai 70 anni.

Salvi dai tagli

Non ci saranno dunque tagli alle pensioni di vecchiaia di medici, operatori sanitari, dipendenti degli enti locali, ufficiali giudiziari e insegnanti, mentre, ad esclusione del settore della sanità, vengono confermati i tagli a quelle anticipate. Nel settore della sanità, invece, la decurtazione diminuirà man mano che si ritarderà l’anticipo del pensionamento.

Decurtazioni: a chi non si applicano

Le decurtazioni non si applicano “ai soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento entro il 31 dicembre 2023 e nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età o di servizio”.

Gli scaglioni di accesso pensionistico

L’accesso alla pensione anticipata “è consentito se risulta maturata un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Il trattamento pensionistico decorre trascorsi 3 mesi dalla data di maturazione dei requisiti contributivi”. Per quanto riguarda medici, infermieri, dipendenti enti locali, insegnanti d’asilo e ufficiali “il trattamento pensionistico decorre trascorsi 3 mesi dalla data di maturazione dei requisiti se sono maturati entro il 31 dicembre 2024, 4 mesi se sono maturati entro il 31 dicembre 2025, 5 entro il 31 dicembre 2026, 7 mesi entro il 31 dicembre 2027 e 9 mesi entro il 31 dicembre 2028.

I dettagli per le categorie mediche

Per i medici e le altre categorie di dipendenti pubblici già citate, la riduzione del trattamento pensionistico è “ridotta in misura pari a un trentaseiesimo per ogni mese di posticipo dell’accesso al pensionamento rispetto alla prima decorrenza utile per gli iscritti alla cassa per la pensione dei sanitari e per quelli alla cassa per le pensioni dei dipendenti degli enti locali che cessano l’ultimo rapporto di lavoro da infermieri”.Questo per assicurare “un efficace assolvimento dei compiti primari di tutela della salute e di garantire l’erogazione dei livelli assistenziali di assistenza”.

Il ponte sullo Stretto: stanziamento di 2,3 miliardi di euro

Per finanziare il Ponte sullo Stretto una quota di risorse pari a circa 2,3 miliardi di euro viene attinta dal Fondo sviluppo e coesione per la programmazione 2021-2027, liberando risorse dal bilancio dello Stato per un analogo ammontare. La norma prevede che l’autorizzazione di spesa per finanziare la realizzazione del Ponte, inizialmente pari a 11,63 miliardi fino al 2032, scenda a 9,312 miliardi. I 2,318 miliardi mancanti vengono coperti per 718 milioni dal Fondo per lo sviluppo e la coesione “sulla quota afferente alle amministrazioni centrali”. I restanti 1,6 miliardi arrivano sempre dal Fondo per lo sviluppo e coesione ma “sulle risorse indicate per le Regioni Sicilia e Calabria”.

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